Ecosistemi dell’innovazione: Incubatori ed acceleratori della Silicon Valley, come funzionano i servizi di crescita e accompagnamento?

Per farvi conoscere ancora meglio le attività che dal 2015 stiamo facendo in Silicon Valley e gli scambi avviati per l’Emilia-Romagna, Irene Mingozzi, da Menlo Park, e Sara D’Attorre, da Bologna, vi propongono qualche riflessione sui temi più rilevanti del mondo startup e investimenti.

In questo quarto appuntamento parliamo degli incubatori e degli acceleratori della Silicon Valley e dei loro servizi.

Cosa sono e come possono essere utili per una startup italiana che vuole entrare in Silicon Valley?

Gli acceleratori sono assolutamente consigliati per le startup che sono al di fuori di questo ecosistema, perché accelerano, appunto, letteralmente, l’ingresso in Silicon Valley.

Dall’estero non è semplice entrare nel sistema, nel mindset, nel mercato americano.

Gli acceleratori risolvono insieme tutti questi problemi, cercando di far entrare una startup, in questo caso italiana, dalla porta principale.

Entrare in questo contesto senza il supporto di un acceleratore è sicuramente possibile, ma va messo in conto che come minimo sono necessari 6-12 mesi di presenza fisica in Silicon Valley per comprenderne davvero il funzionamento in autonomia.

In Silicon Valley moltissime dinamiche si costruiscono sulla base di un network solido: o ci si inserisce in un network già costituito, come quello di un acceleratore, oppure va sviluppato da capo, tenendo in conto il tempo e lo sforzo che richiede.

Ce ne sono tanti. Hanno delle cose in comune? Quali sono più consigliati?

La struttura è comune a tutti: i batch durano circa 3 mesi e vengono ripetuti due volte all’anno. In questi 3 mesi si lavora con i mentor e con i propri compagni di batch e alla fine dei 3 mesi si presenta la propria startup agli investitori durante il demo day con l’obiettivo di raccogliere un round di finanziamento (di solito pre-seed o seed). Da dopo la pandemia, i percorsi e i demo day sono online o ibridi.

Quasi tutti gli acceleratori hanno sia il percorso vero e proprio di supporto, sia il fondo con cui investire nelle startup dei propri batch. Quasi tutti sono dilutive, che significa che prendono una percentuale dell’azienda in cambio dei servizi e dell’investimento iniziale: gli acceleratori universitari, o quelli più nuovi, prendono tra il 2% e il 3%, quelli più famosi e dal network più forte arrivano a prendere anche il 7-8%.

Il più consigliato in assoluto è sicuramente Y Combinator: non c’è nessun altro allo stesso livello in tutto il mondo. Di validi ci sono anche 500 Global, Techstars, Pear VC, Arc, Start, Plug and Play.

Conviene candidarsi a tutti o andare in modo più mirato?

Candidarsi a diversi programmi va bene, l’importante è che poi si partecipi solo a uno, altrimenti vengono diluiti troppo i founder, dando via diverse “fette” di azienda ai vari acceleratori. Dare via il 7% prima di fare qualunque round è già un’esposizione significativa, di più rischia di inficiare la possibilità di raccogliere i round successivi, essendo l’eccessiva diluizione un blocker per le VC firm che vogliono investire al pre-seed o al seed.

Attenzione a candidarsi a molti programmi perché si perde molto tempo, se lo si vuole fare in maniera corretta. L’importante è avere una strategia chiara e non “pescare a strascico”. 

Ci sono barriere all’ingresso per startup italiane?

Questo cambia da acceleratore ad acceleratore, ognuno ha le sue regole. 500 Global investe sull’srl, mentre YC investe solo in C Corp.

 

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